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Joe Stanchi
The Official Disciplinary of True Neapolitan Pizza: Why Not All Pizzas Are Created Equal

In pizzerias all over the world, from Napoli to Delhi, you’ll see the promise of “True Neapolitan Pizza.” But is it genuine?

The art of Neapolitan pizza is not a matter of opinion; it is a cultural heritage protected by a precise set of rules known as the Disciplinare.

This guide is for the purists, the passionate, and the professionals who believe in authenticity. We will delve into the official regulations that separate a true Neapolitan pizza from a simple imitation, and explore why these rules are fundamental to creating a culinary masterpiece.

What is the “Disciplinare STG”? A Mark of Authenticity

The “Disciplinare” is a legal document that outlines the traditional recipe and preparation method for Neapolitan Pizza. This isn’t just a recipe; it’s a standard that allows the product to be certified as a “Specialità Tradizionale Garantita” (STG), or “Traditional Specialty Guaranteed.” This European Union mark protects culinary traditions and ensures that any pizzeria claiming to serve “Vera Pizza Napoletana” adheres to these uncompromising standards.

The 5 Pillars of Authentic Neapolitan Pizza

The disciplinare is built upon five sacred pillars. Deviating from even one means the result, while perhaps delicious, is not true Neapolitan Pizza.

1. The Dough (L’Impasto): The Four Sacred Ingredients

The foundation of it all. The dough must be made only with Type “00” or Type “0” flour, water, salt, and yeast (brewer’s yeast or natural starter). The hydration must be precise, and the dough must be left to rise for at least 8 hours. The result is a soft, elastic, and highly digestible base.

2. The Shaping (La Stesura): By Hand, and Only By Hand

This is non-negotiable. The use of a rolling pin or any mechanical press is strictly forbidden. The dough must be shaped by hand using the traditional “a schiaffo” (slapping) technique.
This method moves the air from the center to the edge, creating the characteristic puffy crust, the cornicione.

3. The Toppings (I Condimenti): The Purity of Simplicity

The disciplinare recognizes only two classic variations:

  • Marinara: San Marzano tomatoes, fresh garlic, oregano, and extra virgin olive oil.
  • Margherita: Mozzarella di Bufala Campana DOP (or Fior di Latte), fresh basil, and extra virgin olive oil.

The use of these specific, high quality ingredients is fundamental.

4. The Baking (La Cottura): 90 Seconds of Fire

The pizza must be cooked in a traditional wood-fired oven (“forno a legna”) at an incredibly high temperature of approximately 485°C (905°F). The baking must be rapid, lasting no more than 60-90 seconds.

This intense heat cooks the pizza instantly, creating a soft, moist center and a perfectly charred, puffy crust.

5. The Final Appearance (L’Aspetto Finale): The Signs of Perfection

A true Neapolitan pizza is visually distinct. It should be round, no more than 35cm in diameter, with a raised, golden brown crust (the cornicione) of 1-2cm. It should be soft, fragrant, and feature the characteristic “leopard spotting” small, charred bubbles on the crust.

Neapolitan pizza as por Disciplinary AVPN
Ruota di carro pizza napoletana

Beyond Tradition: Bringing Authenticity to the Global Stage

Knowing the rules is one thing. Implementing them consistently in a professional, profitable restaurant especially in a dynamic and demanding market like India is another challenge entirely. It requires not only a master’s knowledge of the craft but also deep expertise in sourcing ingredients, selecting the right equipment, and training a team to execute flawlessly.

This is where tradition meets modern consultancy.
While this site, Pizzachef.it, is dedicated to the soul and history of the craft, our partners are experts in professional application.

For restaurateurs and professionals aiming to build a successful business based on these authentic principles, the expert consulting services at Pizzaiolo.in provide the strategic guidance needed to turn passion into profit.

A Legacy, Not Just a Lunch

The Disciplinare of Neapolitan Pizza is more than a recipe; it’s a declaration of cultural identity. It ensures that every time you enjoy a “Vera Pizza Napoletana,” you are partaking in a tradition of craftsmanship, quality, and passion that has been perfected over centuries.

It’s not just a pizza; it’s a masterpiece.

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Joe Stanchi
Cos'è e come calcolare la forza della farina

Quando si valuta l’eccellenza di una pizza, una considerevole parte del merito ricade sulla scelta della farina. Ciò non solo perché una farina di alta qualità conferisce un sapore più ricco alla pizza, ma anche perché la robustezza della farina è cruciale per ottenere un impasto ben idratato, adeguatamente lievitato e facilmente digeribile.

In PizzaChef.it selezioniamo attentamente la miglior farina per preparare le nostre pizze contemporanee. In questo articolo, desideriamo esaminare approfonditamente il concetto di “forza della farina” e tutti gli elementi ad esso correlati.

COS’È LA FORZA DELLA FARINA?

La forza della farina è un parametro che indica la capacità della farina di assorbire acqua, subire lavorazioni e incorporare anidride carbonica, elemento essenziale per la massima lievitazione. Questa misura viene determinata attraverso specifici test e analisi biologiche condotte dai mulini e rappresenta un fattore determinante nella selezione del tipo di impasto da realizzare.

Per comprendere appieno il concetto di forza della farina, è necessario partire dalle basi: il chicco di grano e, in particolare, l’endosperma, che costituisce la parte più significativa utilizzata nella produzione di farina. Come precedentemente discusso nell’articolo sulla distinzione tra grano tenero e grano duro, l’endosperma contiene circa l’80% delle sostanze nutrienti della farina, con due elementi predominanti: l’amido e il glutine.

CHE COS’È IL GLUTINE?

Il glutine rappresenta un complesso proteico di primaria importanza nel grano e nei cereali. Il tenore e la proporzione di glutine presente nel grano determinano la forza della farina. Tale complesso è principalmente composto da due proteine: la gliadina e la glutenina. La gliadina contribuisce alle proprietà di assorbimento dell’acqua e all’estensibilità della farina, mentre la glutenina conferisce tenacità ed elasticità.

Queste due molecole, insolubili, formano legami a idrogeno con l’acqua, agevolando lo sviluppo della maglia glutinica, la quale riveste un ruolo fondamentale nella riuscita di ogni impasto adeguato. Ma cosa si intende con “maglia glutinica”? Questa rappresenta la struttura sulla quale si sviluppa l’impasto, le bolle e le alveolature che emergono dalla base e sostengono la superficie del prodotto lievitato.

COME SI FORMA LA MAGLIA GLUTINICA?

La formazione della maglia glutinica avviene durante la manipolazione dell’impasto, grazie a movimenti manuali o meccanici che attivano sia la gliadina che la glutenina, oltre al lievito. Questo processo genera piccole bolle d’aria che, grazie alle operazioni di impastamento e manipolazione successive, si organizzano in una struttura reticolare, fondamentale per garantire la qualità dell’impasto. La chiave per una buona maglia glutinica risiede nella manipolazione dell’impasto, che deve seguire tempi e modalità specifiche, con opportune fasi di riposo e un costante controllo della temperatura.

Inoltre, esistono numerosi trucchi del mestiere dei pizzaioli che applichiamo con precisione. Non sei convinto? Ti invitiamo a provare la nostra pizza contemporanea gourmet e rimarrai sorpreso dalla bontà dell’impasto!

COS’È IL VALORE W NELLA FARINA?

Il valore W rappresenta la forza della farina ed è espresso in termini di energia necessaria per raggiungere il picco massimo di lievitazione ed estensione dell’impasto. Numericamente, il valore W varia da 90 a 400. Più basso è il valore W, meno robusta sarà la farina e quindi meno adatta alla panificazione a lunga lievitazione. Al contrario, un valore W più elevato indica una farina più tenace ed elastica, ideale per prolungate fasi di lievitazione e alte idratazioni.

In sostanza, per comprendere la forza di una farina, è sufficiente valutare il suo valore W. Tuttavia, è importante notare che il valore W raramente è indicato sulle confezioni disponibili nella grande distribuzione.

Come è possibile determinare la forza della farina? È possibile farlo mediante analisi e strumenti specifici o valutando la quantità di proteine presenti nella farina stessa.

COME CALCOLARE LA FORZA DELLA FARINA

La forza della farina può essere calcolata mediante analisi e test come il metodo Kjeldahl, che determina la percentuale di glutine secco presente nella farina, o attraverso strumenti come il farinografo di Brabender e, soprattutto, l’alveografo di Chopin, il metodo più diffuso nell’industria molitoria.

L’alveografo di Chopin è uno strumento meccanico che utilizza un disco di impasto a base di farina e acqua, senza lievito, sottoposto a un getto artificiale di anidride carbonica. Questo simulacro di lievitazione naturale produce due dati: il valore P, che rappresenta l’energia utilizzata per raggiungere il picco di lievitazione e la tenacità dell’impasto, e il valore L, che indica l’estensione massima dell’impasto. L’intero processo viene registrato attraverso un alveogramma, un grafico che rappresenta il rapporto tra P (sull’asse delle ascisse) e L (sull’asse delle ordinate), fornendo così il valore W della farina.

COME CALCOLARE LA FORZA DELLA FARINA DALLE PROTEINE

Per calcolare la forza della farina in base al contenuto proteico, è sufficiente consultare la tabella nutrizionale, dove le proteine sono elencate come percentuale del peso totale. Di solito, le proteine in una farina variano tra il 9% e il 15% del peso totale, a seconda del tipo di farina. Una farina con un contenuto proteico più elevato sarà considerata più forte rispetto a una con un contenuto proteico inferiore.

Tuttavia, è importante notare che, sebbene sia possibile combinare diverse farine per ottenere una miscela più adatta ai propri obiettivi di panificazione, è utile elaborare una tabella della forza della farina per determinare quale tipo utilizzare per un particolare impasto. Questo permette di valutare quale farina sia più idonea in base alle esigenze specifiche della preparazione.

Esempio di forze della farina

    W    PROTEINEUTILIZZI
310-37013,5 g-15 gGrandi lievitati come pandoro, panettone, croissant
250-30012 g-13 gImpasti per pane e pizza ad alta idratazione e lunga lievitazione, sia diretti che indiretti
170-22010 g-11,5 gImpasti di pane e pizza a lievitazione diretta
90-1609 g-9,5 gBiscotteria, frolle, prodotti non lievitati
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Joe Stanchi
Sveliamo i Segreti della Farina: Interpretare la Scheda Tecnica come un Esperto

Della farina ne abbiamo già parlato qualche tempo fa. Oggi però vorrei spiegarvi meglio come interpretare e leggere una scheda tecnica della farina. Ma andiamo con ordine

Cos’è la scheda tecnica della farina

Si tratta delle informazioni fornite dal venditore riguardanti i valori medi della farina, per capire se quel prodotto ha le caratteristiche giuste per la preparazione che andrete a fare. Di solito si tratta di informazioni particolarmente accurate, ricavate tramite l’uso di alcuni macchinari. Ecco quali sono le informazioni fornite.

Umidità

Alcune schede tecniche indicano un’umidità massima, come ad esempio 15,50%, mentre altri indicano un range più ampio. Se volete un consiglio però cercate di acquistare farine che abbiano un’umidità più bassa, perché il loro assorbimento è più alto e soprattutto perché l’aspetto igienico-sanitario è migliore, anche in caso di escursioni termiche maggiori che potrebbero altrimenti formare muffe.

Forza della farina, tenacia ed estensibilità

Entrambi si misurano tramite uno strumento chiamato Alveografico. L’Alveografo di Chopin è infatti un apparecchio che serve a misurare l’estensibilità di un impasto e la resistenza esercitata durante il periodo di riposo. Tecnicamente si opera formando un impasto che viene successivamente diviso in piccoli dischi rotondi che, posati su di un cilindro, verranno sottoposti ad una pressione e gonfiati fino a raggiungere il punto di rottura.

Tutto questo viene riportato su un grafico che indica:

A) W = è la forza della farina, ed è l’area compresa nella linea, quindi area dell’alveogramma

B) P = altezza della curva – misura la resistenza dello stiramento

C) L = lunghezza della curva – l’estensibilità

L’alveogramma è in correlazione con il contenuto proteico della farina, soprattutto nella quantità di glutine: maggiore è il contenuto proteico e più alta sarà l’altezza della curva.
Quando scegliete la vostra farina è molto importante il rapporto tra l’indice P e l’indice L. Una farina che abbia un opportuno rapporto tra la resistenza e la deformazione, produrrà un impasto con il massimo del volume ed una struttura ben proporzionata. Un indice equilibrato del P/L è compreso tra 05 e 08.

L’indice W quando è superiore a 300 indica una farina forte utilizzata per impasti a lunga lievitazione o per tagli di farine più deboli. Se W è compreso tra i 210 e 290 vuol dire che si tratta di una farina di media forza equilibrata adatta per la produzione di una buona pizza.

Quando invece W è inferiore ai 190 significa che abbiamo di fronte una farina con scarsa attitudine alla produzione di pizze, ma forse più indicata per altre produzioni lievitate, come i biscotti, o prodotti a breve lievitazione. L’estensibilità della farina viene misurata tramite l’estensografo di Brabender, una macchina complementare al farinografo che permette di misurare l’estensibilità di un impasto dopo un periodo di fermentazione. Vi permetterà di conoscere anticipatamente l’assorbimento d’acqua della farina.

La resistenza alla deformazione viene registrata in un grafico chiamato estensogramma rispetto al variare del tempo.  Le proprietà di estensibilità ed elasticità dell’impasto vengono misurate sulla base di alcuni indici estensografici : R (resistenza), E (estensibilità), R/E, W (area estensogramma).

Proteine

Questa caratteristica nei grani moderni è correlata al W, se avete a che fare con una farina di 200 W, questa avrà minimo il 10% di proteine, così se avrete una farina con 400 di W probabilmente questa avrà minimo 14-15% di proteine. Questi valori sono diversi nei grani antichi che hanno un bassissimo W 80, 90 e un alto contenuto di proteine 12-13%, data dal fatto che i grani antichi hanno meno glutine rispetto al grano moderno con circa un 9% e una % di gliadine molto alta circa il 4% che la rendono una farina morbida, mentre invece i grani moderni hanno un bassissimo contenuto di gliadine circa il 2% con una alto contenuto di glutine circa 11%.

Questi valori sono anche influenzati dall’ambiente di cultura del grano (zona di provenienza), dai fattori climatici subiti, siccità, pioggia. Una annata di produzione del grano non sarà mai uguale a quella precedente e quindi i valori sono sempre diversi.

Assorbimento

L’assorbimento è in relazione con la quantità delle proteine e con l’umidità della farina stessa. Per misurarlo è necessario utilizzare il Farinografo Brabender, anche se non si tratta di un dato in senso assoluto ricavato dall’apparecchiatura. Il Farinografo è un apparecchio che misura la consistenza dell’impasto tramite una forza necessaria a mescolarlo a velocità costante e dal suo assorbimento d’acqua, che ci consente di raggiungere la consistenza specifica. Il principio di misura è basato sulla registrazione della consistenza che la pasta appone ad una sollecitazione meccanica costante. Tale resistenza viene riportata su un diagramma sforzo/tempo. È sicuramente l’apparecchio che dà l’indice più attendibile della qualità della farina. Gli indici di assorbimento vengono indicati in percentuale.

Stabilità

Anche la stabilità viene misurata tramite l’analisi farinografica. Più è alta la stabilità più sarà alta la resistenza di quella farina a tutte le sollecitazioni. Ad esempio, la farina Manitoba con 350 W deve avere almeno 18 -20 minuti di stabilità , questo vuol dire che questa farina riesce a resistere a tempi di impasto maggiori e adatta alle lievitazioni lunghe. Se la farina invece avesse una stabilità di soli 12 minuti, sarebbe più bassa di W e avrebbe una minore resistenza sulla lievitazione.

Indici di stabilità in minuti:

– stabilità superiore a 15° qualità ottima

– stabilità superiore a 10° qualità buona

– stabilità superiore a 5° qualità discreta

– stabilità inferiore a 5° qualità scarsa

Falling Number o indice di caduta

Nella farina ci sono degli enzimi chiamati amilasi, che hanno il compito di convertire l’amido in maltosio e glucosio. Il Falling Number indica proprio l’attività alfamilasica della farina, ovvero la capacità di fermentare, quindi lievitare, più o meno velocemente.

La quantità di zucchero che si forma tra i 25° e 40° C, influenza la fermentazione, mentre la qualità della mollica dipende dall’attività che gli enzimi svolgono tra i 55° e 80° C . Il metodo si basa sulla rapida gelatinizzazione di una quantità di farina in acqua e sulla misura di degradazione di consistenza della pasta per effetto dell’alfa amilasi, simili a quella di cottura dell’impasto. Il Falling Number per indicare una normale lievitazione non dovrebbe scendere sotto i 270 per farine medio deboli e sotto i 300 per una farina forte.

Se abbiamo farine con FN alti sopra i 330-340, significa che siamo in presenza di farine a bassa carica enzimatica che necessitano dell’aggiunta di malto per stimolarne la fermentazione.

Spero che questo articolo vi abbia chiarito le idee su come leggere la scheda tecnica della farina.

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Joe Stanchi
Guida Completa alla Scelta della Farina per la Pizza

Introduzione

Scegliere la giusta farina per preparare una deliziosa pizza può sembrare un compito complicato. Sul web circolano molte informazioni contrastanti, ma in questo articolo ti guideremo attraverso i dettagli e i segreti della farina perfetta da utilizzare insieme ad acqua, lievito, sale ed olio. Scopri come fare la scelta giusta e creare la pizza dei tuoi sogni.

I Cereali: La Base della Farina

I cereali sono tra i primi alimenti coltivati dall’umanità e costituiscono l’elemento fondamentale per la produzione della farina. Tra le varietà più comuni ci sono il grano (o frumento), il riso, il mais, il granoturco, l’orzo, l’avena, la segale, il sorgo e il miglio. Il grano tenero è il più utilizzato per preparare la pizza, il pane e i dolci, ed è coltivato in tutto il mondo grazie alla sua adattabilità a diversi terreni e climi. In latino, il grano è chiamato “Triticum,” e ci interessano principalmente due tipologie: il “Triticum vulgare,” noto come grano tenero per la panificazione, e il “Triticum durum,” utilizzato per la produzione di pasta alimentare.

La Struttura del Grano

Il grano cresce in spighe, con ogni spiga contenente chicchi allungati. Il grano è costituito da tre parti principali: la crusca, l’embrione o germe e l’endosperma, il nucleo del chicco. La crusca è un involucro composto da una parte interna ed esterna, con varie pellicole che proteggono il seme da umidità e liquidi. Contiene principalmente fibre vegetali chiamate cellulose e sali minerali. Lo strato aleuronico, situato sotto gli involucri, protegge l’endosperma ed è ricco di sostanze minerali, vitamine e proteine. Durante la macinazione, sia la crusca che lo strato aleuronico vengono rimossi poiché contengono cellulosa, una sostanza difficile da digerire per l’organismo umano e poco nutritiva. L’endosperma è la parte principale del grano ed è ricco di farina bianca, composto da due parti: lo stato aleuronico, ricco di sostanze minerali, vitamine ed enzimi, e l’endosperma amilifero, la parte interna del chicco ricca di amido. Il germe si trova alla base del seme ed è ricco di vitamine (E, C, D, del gruppo B), sali minerali e acidi grassi. Tuttavia, a causa dei grassi che possono influenzare la conservazione della farina, il germe viene rimosso durante la macinazione e successivamente reintegrato.

La Farina: Il Cuore dell’Impasto

La farina è uno degli ingredienti chiave per la preparazione di un impasto di qualità. Viene ottenuta dalla macinazione di cereali, in particolare grano o frumento, ed è ricca di proteine insolubili in acqua, come la gliadina e la glutenina, che, una volta a contatto con l’acqua, formano il glutine, essenziale per la struttura dell’impasto. La farina contiene amido, proteine solubili e insolubili, zuccheri semplici, grassi, umidità e sali minerali.

Ruolo degli Amidi

Gli amidi sono elementi fondamentali per la panificazione grazie alla loro capacità di trattenere i liquidi. Inoltre, la farina contiene pentosani, cellulosa e zuccheri riducenti. L’amido ha una struttura complessa e deve essere trasformato in maltosio e destrine per essere utilizzato dai lieviti. All’interno della farina si trovano anche gli enzimi, la destrina e il maltosio, che hanno una natura proteica e forniscono nutrimento per i lieviti.

Proteine Solubili e Insolubili

Le proteine solubili della farina comprendono l’albumina e la globulina, presenti in piccole quantità e con un valore principalmente nutritivo. Le proteine insolubili, chiamate glutenina e gliadina, svolgono un ruolo cruciale nella creazione del glutine, formando legami intermolecolari con le molecole d’acqua e contribuendo alla struttura dell’impasto.

Grassi e Sali Minerali

I grassi sono presenti in quantità minima, principalmente nel germe o nell’embrione del seme. La loro funzione principale è quella di reagire con le proteine. I sali minerali sono di natura inorganica e si trovano nello strato aleuronico e quindi nella crusca.

Altri Tipi di Farina

Oltre al grano, esistono altre varietà di farina, ognuna con caratteristiche uniche. La farina di segale, ad esempio, ha un basso contenuto di glutine ed è meno stabile. Per ottenere prodotti da forno di alta qualità, è necessario mescolarla con farina di frumento. La farina di avena, ricca di proteine ma priva di glutine, non è adatta per prodotti lievitati, a meno che non venga combinata con farina di grano tenero.

Il Kamut, noto anche come grano gigante, è strettamente imparentato con il grano. La sua farina è altamente nutriente e facilmente digeribile, grazie alla presenza di selenio, un potente antiossidante che protegge il corpo dai danni dei radicali liberi. Il farro, simile al grano, produce un impasto digeribile e croccante.

L’Enkir, o “piccolo farro vestito,” è considerato il padre dei cereali. La sua farina ha un colore giallo naturale ed è povera di glutine, rendendola inadatta alle lievitazioni a meno che non sia combinata con farina di grano tenero. La soia può anche essere utilizzata per preparare un impasto salutare e gustoso, ideale per

In giro sul web si legge di tutto e il contrario di tutto, ma quale farina scegliere per fare una buona pizza? Oggi vi darò qualche suggerimento su come individuare quella più giusta per il vostro preparato, da utilizzare insieme ad acqua, lievito, sale ed olio.

I cereali

I cereali, grazie ai quali si produce la farina, sono uno degli alimenti più antichi coltivati dall’uomo. Quelli più diffusi sono il grano, chiamato anche frumento, il riso, il mais, il granoturco, l’orzo, l’avena, la segale il sorgo e il miglio.
Il grano tenero è quello più utilizzato per preparare la pizza, il pane e i dolci. Questo tipo di cereale viene coltivato in tutto il mondo ed è adattabile a tutti i tipi di terreno e clima.
Il nome latino del frumento è Triticum, e le due tipologie che interessano soprattutto noi sono il Triticum vulgare, ovvero il grano tenero utilizzato per la panificazione, oppure il Triticum durum, il grano duro utilizzato per la produzione di pasta alimentare.

Come è composto il grano o frumento

Il grano cresce a spighe, e ogni spiga di grano contiene numerosi chicchi di forma allungata. Le parti principali che compongono il grano sono: la crusca, l’embrione o germe e infine l’endosperma o nucleo del chicco.
La crusca altro non è che l’involucro composto da una parte interna e una esterna, e varie pellicole che proteggono il seme e che gli impediscono di assorbire e intrattenere i liquidi.
La crusca contiene soprattutto fibre vegetali, chiamati cellulose, ma anche sali minerali.
Invece, lo strato aleuronico che si trova sotto tutti gli strati degli involucri, protegge l’endosperma ed è ricco di sostanze minerali, di vitamine e di proteine. Sia questo che gli involucri vengono scartati durante la macinazione perché sono costituiti da cellulosa, una sostanza che viene digerita più a fatica dall’organismo umano e quindi inutile dal punto di vista nutritivo.
L’endosperma è invece la parte principale del grano, ricco di farina bianca. È costituito da due parti: stato aleuronico, ricco di sostanze minerali, vitamine ed enzimi, che viene eliminato insieme alla crusca durante la macinazione e endosperma amilifero, ovvero la parte interna del chicco, ricco di amido.
Il germe invece è quello che si trova alla base del seme e rappresenta circa il 2% del chicco. Il germe è ricco di elementi nutrizionali: vitamine E, C, D, vitamine del gruppo B, di sali minerali e di acidi grassi. Però, a causa della presenza di grassi che potrebbe influire sulla conservazione della farina, deve essere scartato e raccolto con la crusca, per poi essere reintegrato in un secondo momento.

La farina

Dopo questa breve panoramica che ci ha fatto capire meglio come è composta il grano, arriviamo ad uno degli ingredienti più importanti per la preparazione di un buon impasto: la farina.
Si ottiene macinando cereali, soprattutto grano o frumento, ed è ricca di proteine insolubili in acqua, in particolare di gliadina e glutenina che una volta che entrano in contatto con l’acqua formano il glutine, utile per la struttura dell’impasto.
La farina è composta da amido, proteine solubili e insolubili, zuccheri semplici, grassi, umidità e sali minerali.
Gli amidi sono uno degli elementi più importanti per la panificazione, grazie alla sua capacità di trattenere i liquidi, seguono poi i pentosani, la cellulosa e gli zuccheri riducenti. L’amido ha una struttura complessa e deve essere trasformato in maltosio e destrine, e quindi essere utilizzato dai lieviti. All’interno della farina ci sono anche gli enzimi, la destrina e il maltosio, che hanno natura proteica e servono come alimento per i lieviti.
Le proteine solubili della farina sono l’albumina e la globulina e sono presenti nella farina in piccola percentuale ed hanno solo valore nutritivo. Invece, quelle insolubili rispondono al nome glutenina e gliadina e la loro funzione è di creare dei legami intermolecolari con le molecole dell’acqua,
dando vita al glutine.
I grassi sono invece presenti in quantità minima e si trovano soprattutto nel germe o embrione. La loro funzione è quella di reagire con le proteine.
I sali minerali sono invece inorganici e presenti nello strato aleuronico, e quindi nella crusca.

Altri tipi di farina

La farina di segale contiene le stesse proteine del grano ma è meno stabile. È infatti caratterizzata da un scarsissimo contenuto di glutine e, di conseguenza, per ottenere un prodotto da forno di
buona qualità è necessario miscelarla con farina di frumento.
La farina di avena invece, essendo un cereale ricco di proteine con buon valore nutritivo, ma che non permette di creare il glutine, è inadatta per la produzione di prodotti lievitati, a meno che non venga miscelata con farina di grano tenero.
Il Kamut chiamato anche grano gigante, per la misura più grande e allungata dei suoi chicchi, è strettamente imparentato con il grano e la sua pianta appartiene alla famiglia delle graminacee. La farina di Kamut, oltre alle proprietà nutritive è particolarmente digeribile. Da sottolineare la presenza di selenio che, grazie alle sue proprietà antiossidanti, è in grado di proteggere l’organismo dagli effetti dei tanto temuti radicali liberi.
Anche il farro assomiglia molto al grano e offre un impasto digeribile e croccante.
C’è poi l’Enkir, Einknorn o “piccolo farro vestito”, considerato il padre dei cereali. La farina è di colore giallo naturale, con un basso tenore di glutine che lo rendono poco adatto alle lievitazioni a causa di una scarsa quantità di gliadine e glutenine. Spesso infatti viene miscelato con percentuali di farina di grano tenero.
Anche la soia può essere una valida soluzione per il vostro impasto. Infatti, la pizza alla soia è indicata per tutti coloro che intendono l’alimentazione come una salvaguardia alla propria salute, senza per questo rinunciare alla piacevolezza del gusto.

Come si sceglie la farina

La scelta della farina deve essere fatta in base al tipo di prodotto voluto, alle attrezzature di laboratorio e al tempo da dedicare alla fermentazione del prodotto.
In base a ciò che si vuol fare, se una pizza al piatto o teglia a breve lievitazione, si sceglierà una farina debole (W 180-220), in modo da soddisfare il tempo che l’impasto richiede per donare un prodotto di qualità, friabile o croccante, leggero, ma sopratutto digeribile.
Se invece vogliamo allungare i tempi della maturazione per ottenere un impasto più maturo con l’utilizzo della tecnologia del freddo, la scelta cadrà su una farina di media forza, (W 250-280) dove i tempi si allungheranno per le caratteristiche delle proteine e del glutine più forti anche fino alle 48 ore, favorendo così un perfetto lavoro dei lieviti, degli enzimi sulle parti più complesse rendendole semplici e più digeribili.
Infine se i volumi sono importanti, e vi dovete organizzare per tempo ad avere sempre un impasto che dia le performance migliori, utilizzerete una farina di forza (W 300-350), per la produzione diretta di impasti a lunga maturazione e lievitazione, oppure per la costruzione di un prefermento solido, come la biga, o di un fermento liquido, come il poolish, in base al suo utilizzo e al prodotto finale voluto.
La scelta della farina quindi segue un filo logico ben preciso e non certo una moda.

Come si conserva la farina

La farina va conservata in un ambiente asciutto e ventilato, con temperature non superiori ai 25°C.
Inoltre, l’ambiente di conservazione deve essere protetto da insetti, sia con zanzariere che lampade moschicida. Inoltre, solitamente i sacchi di farina vanno posizionati su pedane di legno e ad almeno 10 centimetri dal muro.

Spero che questo articolo vi sia utile per capire meglio come e quale farina utilizzare.
Buona preparazione!

Ps Se vuoi approfondire l’argomento potrai partecipare a uno dei miei corsi che ti comunicherò a breve tramite la mia newsletter. L’argomento farina è sempre uno dei più approfonditi e gettonati.

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Joe Stanchi
La maturazione dell'impasto

La pizza è un piatto amato da molti, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Uno degli elementi chiave che rende la pizza così deliziosa è l’impasto, la base su cui viene poi aggiunta la salsa e gli ingredienti. L’impasto è un misto di farina, acqua, lievito e sale, e la sua preparazione richiede una certa attenzione e tempo.

Uno dei segreti per ottenere un impasto di qualità è la maturazione. La maturazione dell’impasto della pizza consiste nel far riposare l’impasto per un periodo di tempo variabile, in modo che si sviluppi il gusto, la texture e la fragranza desiderati.

La maturazione dell’impasto può essere effettuata a temperatura ambiente o in frigorifero. La maturazione a temperatura ambiente richiede circa 6-8 ore, mentre quella in frigorifero richiede da 24 a 48 ore. La differenza principale tra le due tecniche è la velocità di maturazione. A temperatura ambiente, il processo di maturazione è più rapido perché il lievito si sviluppa più velocemente a temperature più alte. In frigorifero, invece, il processo di maturazione è più lento perché le temperature più basse rallentano l’attività del lievito.

La maturazione dell’impasto della pizza può avere numerosi benefici. Innanzitutto, la maturazione consente all’impasto di diventare più facile da lavorare. L’impasto maturato diventa più elastico, consentendo al pizzaiolo di stenderlo più facilmente. Inoltre, l’impasto maturato ha una texture più soffice e una fragranza più intensa, il che rende la pizza ancora più gustosa.

Inoltre, la maturazione dell’impasto può contribuire alla digeribilità della pizza. Quando l’impasto viene lasciato a riposare per un periodo di tempo, gli enzimi presenti nella farina hanno la possibilità di decomporre gli amidi, rendendo la pizza più digeribile. In questo modo, la pizza diventa più leggera sullo stomaco e meno pesante dopo averla consumata.

In conclusione, la maturazione dell’impasto della pizza è un passaggio importante per ottenere una pizza di qualità. La maturazione dell’impasto consente di sviluppare il gusto, la texture e la fragranza desiderati, rendendo la pizza ancora più gustosa. Inoltre, la maturazione dell’impasto può contribuire alla digeribilità della pizza, rendendola più leggera sullo stomaco e meno pesante dopo averla consumata. Se sei un appassionato di pizza, vale sicuramente la pena di provare a maturare l’impasto per migliorare il tuo risultato finale.

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Joe Stanchi
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" Se vuoi avere dei risultati davvero simili alla pizza della pizzeria, non puoi fare a meno di scoprirne di più. "
Joe Stanchi
Executive Pizza Chef

Nel momento in cui lessi dell’esistenza di termini tecnici per la fase di preparazione dell’impasto…capii che dietro la pizza c’è una scienza, uno studio, e mi vergognai anche un pochino per non averlo neanche sospettato prima di allora.

Fino a quel momento avevo avuto delle idee abbastanza bizzarre  su quale potesse essere “il segreto” per fare una vera pizza napoletana, inventando per esempio improbabili miscele di farine che avrebbero dovuto miracolosamente portarmi a chissà quali risultati.

Benarrivato/a in questo mondo un po’ nascosto, fatto di “ovvietà” che sono tali solo per chi è già esperto dell’argomento, e che sicuramente è molto lontano dalle semplificazioni che puoi trovare suoi blog di cucina più comuni.

 

Ma arriviamo al punto cercando di farti capire il significato delle 3 fasi (puntata, staglio e appretto) e a spiegarlo in modo più semplice possibile.

Probabilmente già sai che nella preparazione dell’impasto della pizza napoletana esistono 3 momenti importanti:

  • l’impasto
  • la formazione dei panetti
  • la stesura.

Hai presente quando ti raccomandano di lasciar lievitare l’impasto nella ciotola per un paio d’ore? Perfetto, quella prima lievitazione, tra l’impasto e la formazione dei panetti, è la cosiddetta “Puntata”.

La definizione di “Staglio” invece, è un termine usato per indicare il momento in cui si formano i panetti.

Tralasciamo il fatto che anche se i tempi di lievitazione dell’impasto della pizza napoletana possono essere molto lunghi (anche più di 24 ore) in realtà la formazione dei panetti è l’unica fase che richiede il tuo intervento.

Una volta creati i panetti cosa farai? Ovviamente li lascerai lievitare per la seconda e ultima volta e questa è la fase denominata “Appretto“.

Ma quali sono gli effetti sull'impasto?

Avrai già avuto a che fare con la puntata, lo staglio e l’appretto, anche se forse non sapevi che si chiamassero così.

E quindi perché se ne parla tanto?

In realtà, il nocciolo della questione non sono i termini, ma la durata delle due fasi di lievitazione, e la tecnica di staglio.

Infatti questi fattori deducono il risultati come:

  1. L’elasticità dell’impasto, e quindi la capacità di stendere le tue future pizze in modo facile e senza provocare strappi o buchi.
  2. L’aroma, nonché la digeribilità della pasta, caratteristiche queste legate ad una maturazione sufficientemente lunga dell’impasto.
  3. L’aspetto del cornicione, che si spera sia gonfio e spugnoso!

Ecco perché saperne di più su puntata, staglio e appretto, interessa anche agli appassionati del “fai da te”, a prescindere dal metodo di cottura che adotteremo.

Cornicione alto e spugnoso

Il cornicione alto e spugnoso allo stesso tempo è la caratteristica che identifica a primo impasto la tipica pizza napoletana.

Cottura 400°

Pochissimi secondi per avere una cottura apparentemente bruciacchiata che nasconde una bontà unica unica del suo genere.

Alta digeribilità

Seguendo le fasi corrette con i tempi giusti per la lievitazione e maturazione dell'impasto si ottiene un prodotto altamente digeribile.

Mozzarella Fior di Latte o Bufala?

Non solo la mozzarella deve essere Fior di Latte o di Bufala DOP ma anche il pomodoro ha il suo ruolo decisivo. Basilico fresco a completare una esplosione di sapori tradizionali.

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